Lorde è tornata. E stavolta si è letteralmente messa a nudo.
Non è un modo di dire: nel vinile del suo nuovo album Virgin, uscito il 27 giugno, c’è una foto che ritrae il suo pube. Sì, proprio quello, il triangolo mistico incorniciato da un paio di pantaloni in plastica trasparente, tipo fetta di mortadella da gastronomia fetish.
La stampa l’ha già ribattezzato “lordussy” (Lorde + pussy), i fan lo stanno scannerizzando in 4K, e si candida a diventare la reliquia pop sacra del 2025.
Virgin, il disco: 40 minuti di lutto, orgasmi e consapevolezza
Ma la figa in vinile è solo l’antipasto.
Virgin è il primo disco di Lorde a sembrare davvero scritto da una donna adulta: vulnerabile, a volte grezza, finalmente libera dai filtri da principessa indie spaesata.
C’è dentro tutto: traumi materni, attacchi di panico, fame, voglia di scopare, senso di colpa, loop generazionali, spiriti post-coitali, una spirale visibile ai raggi X e un sound che puzza di sudore, verità e bassi sintetici.
La produzione è scarna ma penetrante. I testi versi da sbornia post-coitale, lucidi come solo le crisi da lenzuolo sanno essere.
“Non so se sia amore o ovulazione” scriveva Lorde in Hammer, e già lì sapevamo che non ci avrebbe più lasciato andare.
In Clearblue canta del test di gravidanza con una voce che trema “C’è del sangue sporco in me, passato a mia madre da sua madre, e ora arrivato a me”, in GRWM si dichiara “donna adulta in maglietta”, in Current Affairs sussurra con solennità:
Mi sputi in bocca come se stessi dicendo una preghiera
Lorde firma il disco della maturità senza diventare noiosa
A differenza delle sue colleghe pop che si reinventano spirituali, acustiche, “autentiche” dopo una fase più scandalosa o commerciale, Lorde non cerca redenzione né giustificazioni.
Non è tornata per scrollarsi di dosso Solar Power, ci ha messo una lastra del bacino come copertina e ha detto: “Sì, quello è il mio utero, ed è incazzato”.
Virgin è una confessione sessuale e spirituale che alterna synth pop da after triste, testi da diario in crisi glicemica e un immaginario che sembra curato da una ginecologa strega post-millennium.
Lorde non canta più con lo sguardo basso. Canta con le gambe aperte, la spirale visibile e una voglia di rinascita che puzza di sangue mestruale e club sotterranei.
Maestra di hype, regina delle spirali
Lorde non si è limitata a pubblicare un disco: ha orchestrato un’intera messa pop queer da far impallidire Madonna nel '98.
Sono una donna, tranne i giorni in cui sono un uomo
In sintesi:
Il disco è bellissimo.
Il pube è reale.
Il pop è di nuovo sacro.
Lorde ci ha aperto le gambe. E un po’ anche il cuore.