
Dopo aver profanato l'armadio-reliquiario di Courtney Love, il confessionale/letto di Fashion Neurosis firmato Bella Freud si trasforma in un pigiama party psicotropo per tre. Le invitate? Le sorelle HAIM: Este, Danielle e Alana. Un trio che vive da sempre in uno strano equilibrio tra rock, terapia familiare e un’estetica da sitcom anni '90 sotto MDMA.
Il tema è la sopravvivenza. Non tanto al mondo, quanto a sé stesse: traumi generazionali che iniziano col non avere le merendine giuste e finiscono con outfit che gridano “sono sull’orlo di una crisi di nervi, ma ho un gilet con i bottoni, quindi rispetto è dovuto”.
Il vero culto, però, è nelle origini. Le sorelle Haim sono cresciute nella giungla sacra della “vendita a un dollaro” di Hollywood: parcheggi dove ogni capo costava quanto un caffè e le mani si sporcavano di seconda mano e DNA altrui. Mamma Haim mollava 10 dollari a testa e loro tornavano con 30 pezzi da smontare, ricucire e violentare fino a trasformarli in simulacri casalinghi di Vogue. Brutte invenzioni? Ovviamente. Ma è così che si forgia l’identità.
Come quando, folgorate da una visione di Kate Moss, decisero di cucirsi da sole i loro skinny jeans. Il risultato? Jeans così stretti da diventare strumenti di tortura pelvica. Ma non è da lì che nasce la resilienza?
Ma non si vive di soli stracci. L'intervista affonda il coltello dove fa più male: gli snack e gli appuntamenti di merda.
Prima che diventassero muse di Louis Vuitton, le HAIM erano solo tre ragazze affamate di zuccheri processati e approvazione sociale. Niente merendine, solo verdure da tagliare e panini integrali da nascondere sotto il tavolo. La loro infanzia? Una quest disperata per scroccare Dunkaroos agli amici mentre loro si deprimevano con tristi panini al tacchino.
E poi, ovviamente, ci sono gli uomini. Quando Bella chiede se un outfit sbagliato può uccidere la libido, Danielle evoca un trauma sartoriale: un tizio con una giacca da motociclista pre-distressed ma nuova di zecca. Tradotto: un poser. Este invece non regge chi si prende troppo sul serio, quelli che si abbottonano fino al collo e sanno di noia e repressione anale.
E cosa succede quando metti insieme decenni di merendine negate, torture pelviche da jeans fatti a mano e una collezione di uomini deludenti? Succede che a un certo punto molli tutto.
Tutto questo magma di cazzeggio, vulnerabilità e couture da garage è confluito infatti nel loro nuovo album:

‘I Quit’.
Il titolo è un manifesto. È un breakup album che non piange: esplode. Una colonna sonora per tutte quelle che hanno smesso di spiegarsi: un’estate da femmina alfa con zero pazienza, vissuta insieme per la prima volta da single adulte sotto lo stesso tetto. “Era come tornare al liceo”, dicono.
‘I Quit’. E il titolo è tutto un programma. È la colonna sonora di quando finalmente smetti di farti andare bene la merda. Non a caso, hanno silurato pure il loro storico produttore (nonché ex di Danielle), Ariel Rechtshaid, per mettersi con Rostam Batmanglij. Hanno mollato tutto, sul serio.
Il risultato è un disco che resuscita il soft rock, quel genere che i nostri genitori ascoltavano per fare figli, e lo rende di nuovo scopabile. Hanno preso i suoni caldi degli anni '70, li hanno sporcati con un po' di R&B e ci hanno buttato dentro un'attitudine da "ora comando io, stronzi".
Lo senti subito da Gone, dove campionano "Freedom '90" di George Michael per dire che sono nate per correre via dalle relazioni tossiche. O da Relationships, con quel basso che ti entra nelle mutande mentre cantano di litigate infinite.
Certo, non è perfetto. È un disco lungo, a tratti sbrodolato. Quindici pezzi sono tanti, e almeno quattro o cinque potevano tranquillamente finire nel cestino del Mac. Ma chissenefrega. L'album è come loro: discontinuo, incasinato, a volte geniale e a volte solo cazzone. È musica suonata, che trasuda sesso e divertimento, fatta da tre che sono musiciste vere ma con l'attitudine sguaiata e la leggerezza di chi fa pop senza prendersi sul serio.
L'uscita del nuovo singolo, All Over Me, in contemporanea con Hammer di Lorde provoca un cortocircuito temporale. La sensazione è una sola: porca troia, è di nuovo il 2014. E anche se il pezzo delle HAIM poteva suonare più cauto dei precedenti, il videoclip ha messo le cose in chiaro con le sorelle che ballano accanto al trio di attori Archie Madekwe, Nabhaan Rizwan e Will Poulter. È sexy, è divertente, e urla "si scopa, sì, ma niente parole d’amore e niente esclusività".
Perché alla fine, le HAIM sono questo: un gruppo che ti fa venire voglia di ballare sulla fine di una relazione, di indossare qualcosa di ridicolo solo perché ti va, e di non chiedere mai scusa per essere esattamente chi sei. Che sia su un letto con Bella Freud o su un palco davanti a migliaia di sconosciuti, la loro regola è una sola: mollare tutto ciò che non funziona e tenersi strette le sorelle. E magari anche un top di Chloé da 50 dollari, mai indossato, ma troppo bello per essere reale. Come la persona che finalmente sei diventata.