
Antonio Andrea Pinna, una volta idolo social da centinaia di migliaia di follower, opinionista sarcastico prestato al marketing e vincitore dell’edizione 2015 di Pechino Express, oggi è letteralmente sparito dai radar.
E non per scelta esistenziale. O meglio, non solo.
L’ultima apparizione pubblica risale al 6 maggio 2025: da allora, il suo profilo Instagram risulta abbandonato. Ma chi prova a commentare i vecchi post definendolo “truffatore”, scopre che i commenti spariscono nel nulla. Lui, nel frattempo, dice che “gliel’hanno hackerato”.
Che tempismo.
Le “borse di lusso con piccoli difetti impercettibili”
Merce pazzesca, amore, nessuno potrà mai certificare il contrario
Pagamenti tra “amici e parenti” (letteralmente)
Perché se no ti devo aggiungere il 21%, amore, conviene a tutti e due, no?
“Mi avete fatto venire le emorroidi!”
Smettetela di commentare i miei post su Instagram dandomi del truffatore! Per lo stress mi è venuta la dermatite sulla fronte… e pure le emorroidi!
Ci permettiamo di dire: Wanna Marchi l’avrebbe detto decisamente meglio.
Per settimane ha continuato a giustificare ritardi nelle consegne con lunghi vocali pieni di scuse, richiami al suo disturbo bipolare e alla depressione:
Non voglio farmi fermare dalla mia malattia, lo sai, ma nelle ultime due settimane sono stato colpito da una depressione con mal di testa, un vero e proprio esaurimento… la tua borsa comunque è in volo, amore
Silenzio di tomba (con bonifico a mamma)
Pinna mi ha ingannato gravemente. Non voglio più saperne nulla
Un'amara conferma che la "merce pazzesca" promessa era tarocca. Erano borse Aliexpress Edition.
“Rivolgetevi pure agli avvocati”: la nota audio che smaschera tutto
Prima di eclissarsi, Antonio Andrea Pinna ha lasciato un messaggio vocale agghiacciante, pubblicato integralmente da Sambruna.
Vi informo che io di soldi non ne ho, sono nullatenente, non possiedo nemmeno una macchina, un mobile, niente. Vi conviene che io continui a lavorare, così magari potrò restituirvi quanto avete speso. Altrimenti, rivolgetevi pure agli avvocati. Staremo in causa per anni, magari pure 17 come è successo a mia mamma per un rimborso, e finirete per spendere molto di più rispetto a quanto mi avete dato. Senza ricavarci alcunché, i miei legali mi hanno già tranquillizzato
Un messaggio che trasforma definitivamente il caso in qualcosa di più torbido.
Non più una truffa emotiva. Non solo una truffa commerciale. Ma un vero e proprio sistema intimidatorio, in stile Wanna Marchi, senza nemmeno la teatralità folkloristica a salvarlo.
“Gli volevo bene. Mi sembrava un amico.”
Gli volevo bene. L’ho visto in quel video dove raccontava la malattia, e mi ha toccato. Gli ho dato fiducia, volevo solo aiutarlo. Mi sembrava l’amico che tutte vorremmo avere
Il problema è che stavolta l’amico gay che tutte vorrebbero avere ti ha alleggerito il conto corrente, poi ti ha bloccata su WhatsApp e si è dato alla macchia con una scusa che neanche Wanna Marchi nei giorni peggiori.
E ancora una volta si conferma il classico pattern del gay social-mediatico amato solo da un’armata di donne etero soverchiate da problematiche personali non meglio identificate, disposte a credere ciecamente anche quando le prove dicono altro.
Tipo che “la borsa sta arrivando, amore”, mentre lui ti manda vocali piangendo per l'eczema e le emorroidi.
Il redento immaginario: come Pinna ha trasformato il vizio in brand (e poi in alibi)
La costruzione del personaggio del "sopravvissuto" non nasce oggi. Dopo la fama di "Pechino Express", la sua stella si era offuscata. Fino al video-confessione che, un paio di anni fa, divenne virale. In quel video, Pinna annunciava il ritorno in Sardegna per curare un disturbo bipolare, raccontando di TSO, tentativi di suicidio e, dettaglio cruciale, di aver "buttato tutti i soldi in sostanze ed eccessi".
Una confessione choc, ma anche una mossa mediatica perfetta. Ha generato un'ondata di empatia che gli ha permesso di conservare un vasto seguito. Ma per chi, lo conosceva negli ambienti cagliaritani, l'ammissione non suonava come una novità, ma come la prima volta che quel lato oscuro veniva "brandizzato" e messo a frutto.
Vista sotto questa luce, la truffa delle borse non sembra più un incidente di percorso, ma l'evoluzione logica di un problema mai risolto. Un vizio, quello per gli "eccessi", che forse non è mai sparito, ma che ha semplicemente cambiato fonte di finanziamento: prima i suoi soldi, ora quelli delle "oche spennate".
La fragilità, prima usata per vendere libri e generare like, è diventata l'alibi perfetto per giustificare ritardi, incassare pagamenti e manipolare persone che credevano di aiutare un amico in difficoltà. Non stavano comprando una borsa, pensavano di comprare un pezzetto della sua salvezza.
Pinna vs Ferragni: quando la truffa è più piccola, ma più crudele
- ha chiesto pagamenti non tracciabili e intestati ad altri,
- ha inventato presunti collaboratori (alcuni forse fittizi),
- ha attivato numeri multipli per confondere le acquirenti,
- ha venduto merce spacciata per originale quando non lo era,