MARINA Diamandis è stata una delle cantanti più artistiche e interessanti degli anni 2010. Il suo debutto, The Family Jewels, mescolava uno stile canoro irregolare con una strumentazione surrogata che la etichettava come una protetta di Tori Amos o Fiona Apple. Un'immagine che lei stessa ha gettato alle ortiche per Electra Heart, la sua fantasia elettropop basata su un personaggio, incentrata su fama e potere. Poi, scritto interamente da lei, l'elegante FROOT del 2015 ha rappresentato una versione più matura della star. Creatività e visione sono state tuttavia accantonate per LOVE + FEAR del 2019, un desolante doppio album con poche tracce del suo precedente io. Anche Ancient Dreams in a Modern Land, pur con una prima metà promettente, si perdeva in un mare di ballate melense.
È in questo contesto che arriva PRINCESS OF POWER, un album che si presenta con due facce: i suoi synth brillanti e i beat ad alta energia rappresentano un approccio a tutto gas alla musica pop, ma la sostanza, quella profondità lirica per cui era nota, è merce rara.
Sulla title track, MARINA riassume la sua carriera: "Ho confuso l'amore con il controllo / L'amore con la manipolazione". Dichiara di voler lasciarsi tutto alle spalle, ma la verità è che i suoi dischi migliori sono nati proprio da quelle complesse contraddizioni.
Più efficace è “CUNTISSIMO”, un banger glam-pop pieno di spavalderia, dove MARINA si riappropria della fiducia in sé stessa con un'ironia tagliente. Pur essendo l'intento di creare un inno Pride palese, quasi scientifico, l'energia è contagiosa e il suo spirito sfacciato è un piacevole ritorno all'artista più audace.
Il picco di questa energia si trova in “CUPID'S GIRL”, un gioiellino elettropop sensuale e carico di elettricità, un gioco malizioso che flirta non solo con l'amore, ma con la pura possibilità.
Ma non tutte le tracce riescono nell’intento: superata la metà, l’album inciampa in alcuni degli episodi più discutibili della sua carriera. “ROLLERCOASTER” è "Hollaback Girl" di Gwen Stefani rivisitata attraverso un'infanzia britannica, mescolata con un'inquietudine alla Grimes e fronzoli elettronici. Come si può immaginare, l'esperimento non riesce. Ma ancora più imbarazzante è “HELLO KITTY”, una imbarazzante canzone d'amore che incastra la strofa "Ti do la caccia da lontano come un giaguaro / Finché non dici 'Ciao micetta (Hello kitty), fammi fare rah-rah'". Questa è una ballata, tra l'altro, e potreste sorprendervi nell'apprendere che ogni volta che dice "rah-rah" (ben 14 volte) è più straziante della precedente, con esiti sempre più tragici.
Il resto dell’album oscilla tra intuizioni interessanti e realizzazioni deboli, incapaci di lasciare davvero il segno. Ci sono la favola spaziale di “METALLIC STALLION”, fredda e distante; le confessioni di “EVERYBODY KNOWS I’M SAD”, che inciampano nel tentativo di trasformare la tristezza in uno slogan da social media; e la ballata “ADULT GIRL”, che tocca corde emotive profonde prima di perdersi in un linguaggio fin troppo contemporaneo. Persino la conclusiva “FINAL BOSS”, che vorrebbe suonare come un giro d'onore, non possiede del tutto l'epica necessaria per chiudere un album che si autoproclama così potente.
A PRINCESS OF POWER manca ambizione. È un ascolto passabile, ma in ultima analisi dimenticabile: il tipo di album che si ascolta una volta, da cui si estraggono un paio di tracce per una playlist, per poi lasciarselo alle spalle senza pensarci troppo.
Parla di amore, di paura dell'amore, di vulnerabilità emotiva, ma in un modo che ricorda più una fanfiction adolescenziale che un disco pop adulto. E sebbene i fan di lunga data possano trovare conforto nel familiare, PRINCESS OF POWER alla fine non riesce a offrire nulla di veramente potente.
Risulta desolante osservare un'artista del calibro di MARINA appiattirsi su un alt-pop che suona sicuro, ma raramente ispirato. Se questo è il potere di cui MARINA si proclama principessa, allora il regno è fatto di plastica e glitter. E come ogni favola troppo lucida, svanisce in fretta dalla memoria.