L'ultimo pacco: Andrew Christian chiude dopo 25 anni ucciso dal fast fashion



Preparate i fazzoletti, perché il mondo della mutanda gay non sarà più lo stesso. Andrew Christian ha deciso di chiudere bottega. Dopo oltre 25 anni passati a scolpire chiappe e a imbottire pacchi con orgoglio queer, lo stilista che ha fatto delle mutande un manifesto culturale annuncia l’ultima collezione: Bespoke—Fall/Winter 2025. L'annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno, lasciando orfani milioni di pacconi e culoni in tutto il mondo che da oltre due decenni sfoggiavano orgogliosamente il suo nome sull'elastico.

Il grande complotto delle mutande da 3 dollari

La causa della chiusura non è solo il naturale corso delle cose. C’è lo zampino di Shein, Temu e compagnia bella: quei colossi del fast fashion che vendono slip a prezzi ridicoli, spesso sotto costo. “Fortemente sovvenzionati dal governo cinese”, denuncia lo stilista, accusando queste piattaforme di essere parte di una strategia economica globale aggressiva. Tradotto: il mercato è saturo di biancheria a basso costo, e il design indipendente sta annegando nel poliestere.

Andrew Christian ha provato a vendere, ma nessuno si è fatto avanti.
“Essere un marchio dichiaratamente gay è diventato un rischio”, dice. Le grandi aziende evitano l’associazione. Sembra che, nel 2025, la parola “pride” faccia ancora paura.


Più che mutande, una terapia di gruppo

Oltre il lato sexy e provocatorio, Andrew Christian ha incarnato qualcosa di più profondo. “Ho ricevuto messaggi da ragazzi in città conservatrici, che si sentivano soli, che erano sul punto di mollare tutto. E le mie mutande li hanno fatti sentire parte di qualcosa”, racconta. Non era solo underwear, era appartenenza, visibilità, autoaffermazione. "Sapere che le mutande Andrew Christian hanno dato a qualcuno la fiducia per amarsi di più, per sentirsi visto, o anche per fare coming out, è ciò che conta di più per me," ha aggiunto.

Nel backstage delle campagne pubblicitarie — che molti consideravano puro soft-porn — c’era invece una famiglia. 

E se pensate che dietro quelle campagne marketing provocanti ci fosse solo sesso, vi sbagliate di grosso (anche se un po' c'era, ammettiamolo). Andrew Christian ha rivelato che i "momenti più selvaggi" erano in realtà quelli "più belli": “Facevo da guida a modelli insicuri, molti dei quali erano alla prima esperienza. Li aiutavo a sentirsi belli, a credere in sé stessi. Era come essere la madre di una house ballroom”, confessa


L'eredità di un icona e il futuro (senza mutande)

Andrew Christian vuole essere ricordato come un "apripista". Quando ha iniziato, gli stilisti gay si nascondevano come ragazzini nell'armadio. Lui invece, ha buttato giù le porte e ha celebrato la cultura LGBTQ+ senza vergogna, creando marketing "audacemente gay, per un pubblico gay, in un momento in cui era considerato rischioso". 

Per la sua ultima collezione, "Bespoke", Christian annuncia che sarà composta da pezzi classici, “senza tempo”, molto più sobria delle provocazioni a cui ci ha abituato. Una lettera d’amore a ciò che è stato, dice. Una sfilata d’addio? “Non ci ho ancora pensato, ma tutti me lo stanno chiedendo”.

E cosa farà adesso il nostro eroe delle mutande frociarole? "La creatività non va in pensione, si trasforma". Andrew vuole scrivere, viaggiare, forse fare mentoring. Ma soprattutto vuole impegnarsi nell’attivismo politico. Perché i diritti LGBTQ+ sono sotto attacco, e stavolta non basterà uno slip sexy a difenderli. Ci vorrà voce, presenza, e magari un po’ di quel coraggio che ha sempre avuto.