
Sì, il romanticismo è morto, e lo ha ucciso Gino Paoli col suo cazzo.
Il nonno della canzone italiana, in un'intervista al Corriere, ha deciso di pisciare su decenni di romanticismo da quattro soldi e raccontare la verità dietro Il cielo in una stanza.
La verità? È nata dopo una scopata in una stanza viola con gli specchi, tra le lenzuola lise di un bordello genovese. A rivelarlo è stato lo stesso Paoli, che ha candidamente dichiarato che il suo capolavoro fu ispirato da “un amoretto con una puttana”:
Mi piaceva proprio tanto, e io piacevo a lei
Lo dice oggi, a 89 anni, con la stessa nonchalance con cui noi raccontiamo un match sfigato su Grindr.
Il nostro Gino nazionale, prima di diventare un’istituzione, frequentava i casini di Genova da povero e arrapato. Lì incontra una prostituta (“non ricordo il nome, ricordo che era molto carina”) e se ne invaghisce.
Ci va un paio di volte, poi succede quello che succede a tutti i comuni mortali: finiscono i soldi.
E allora? Niente piagnistei. Il giovane Paoli ruba un'enciclopedia al padre, la rivende, e con il ricavato torna dalla sua bella.
Un gesto così poeticamente sfigato che sembra un coming-of-age prodotto da Barbara D’Urso in crisi mistica.
La relazione va avanti, quasi come una storia vera. Lui la va a prendere la mattina, quando stacca dal “turno”, e girano per Genova come due fidanzatini borderline.
Ma poi arriva il finale da neorealismo tossico: lei deve cambiare città (le sex worker all’epoca facevano tipo un tour promozionale tra bordelli), gli chiede di seguirla, e lui risponde:
Mi dispiace tantissimo, ma debbo dirti di no
Traduzione: ciao core, ciao orgasmi in technicolor.
E proprio parlando di orgasmi, arriva la vera rivelazione:
L’armonica nella canzone è l’orgasmo
Ogni volta che Mina canta “quando sei qui con me”, una Madonna piange sangue e un vecchio trombettista gode come un riccio.
E quella famosa stanza viola? Non era una metafora. Era proprio viola.
Nei bordelli di lusso c’erano gli specchi, nei casini “popolari” (quelli che si poteva permettere lui) i muri erano dipinti con “colori impossibili”.
Ma il meglio deve ancora venire.
Parlando della Genova pre-Legge Merlin, Paoli ricorda i pellegrinaggi nei bordelli come se fossero santuari:
Facemmo la Via Crucis nei bordelli. Offrivamo fiori e champagne. Loro ci regalarono le insegne con la lista e il costo delle prestazioni
Altro che Spotify Wrapped.
Quindi no, Il cielo in una stanza non è una canzone d’amore.
È un’ode alla figa mercenaria, agli specchi sul soffitto e alla giovinezza arrapata.
E forse, proprio per questo, è un capolavoro.